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Fondazione Bevilacqua La Masa

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Maja Bajevic

Palazzetto Tito
18.03.08> 27.04.08

 
 
 

a cura di Angela Vettese
Maja Bajevic ha la sua prima personale in una sede pubblica italiana, la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, con la pubblicazione della prima monografia completa sul suo lavoro (Charta, Milano, a cura di Angela Vettese).

L'artista risiede tra la nativa Sarajevo, Parigi e Berlino ed è emersa sulla scena internazionale con partecipazioni a rassegne come Manifesta, la Biennale di Istanbul, la Documenta di Kassel. Ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi come la residenza DAAD a Berlino.

La mostra si svolge nell'atmosfera cupa e al contempo domestica di Palazzetto Tito, un luogo scelto già da artisti come Marlene Dumas, Karen Kilimnik, Richard Hamilton per le marcate caratteristiche dei suoi vetri, delle sue bifore, dei suoi pavimenti in legno antico.

Il pubblico accede in questa casa tutta veneziana trovandosi subito imprigionato in una stanza resa impraticabile da una rete di filo spinato.
Una serie di donne che lavorano normalmente presso la BLM usano questa griglia come telaio e rendono inoffensive con del filo di lana le parti più pericolose dell'installazione. "Repetitio est mater studiorum" è il titolo di questa installazione/performance, alludendo anche al ruolo di docente che l'artista ha da tre anni all' Università Iuav di Venezia. Il lavoro fa parte della serie di opere "Women at work", in cui Maja Bajevic ha chiesto a donne di luoghi specifici (Sarajevo, Istanbul, Barcellona) di lavorare per lei e di usare la manualità femminile come riparo all'aggressività del nostro tempo e come maniera di mantenere la memoria storica.

Nelle altre stanze, raggiungibili con un attraversamento coraggioso della prima sala, saranno visibili i video di altre tre realizzazioni della medesima serie, "Women at Work - Under Construction", "Women at Work - The Observers", "Women at Work - Washing up" e inoltre fotografie dalla serie Merry Christmas and a Happy New Year.

L'ultima stanza vedrà un riferimento alla performance "En attendant"; ambientata sopra un prato vero, argilloso, animato da lombrichi; sul muro una serie di frasi scritte a mano dicono "A volte penso che non so niente, E sto meglio. E penso che potrei andare via, da qualche parte, corre vie,
perché no?". L'ultima stanza ci mostra su di un monitor "Here's to Looking at You, Kid": il viso dell'artista sembra piangere argilla nera come un clown che, struccandosi, perde la sua allegria e ci mostra la sua vera disperazione.

Prigionia, sapere femminile, difficoltà di condividere ma anche di sopportare la solitudine e ogni forma di costrizione: questi i nodi che si intravedono dietro a opere, dalla prima, una performance inedita che diverrà un'installazione, alle altre che abbracciano i trascorsi dieci anni di attività dell'artista. Il risultato è un percorso di grande suggestione emotiva, che ci parla di una condizione individuale che è anche specchio di uno stato d'animo collettivo e di una condizione storica di vertigine.

 
 
 
immagine delle gambe di una donna seduta ad un tavolo su una scalinata

 
Maja Bajevic
I'm Eating Somebody Else's Bread, 2006
Performance, black and white photographs, part of 'La force de l'art', Galeries Nationales du Grand Palais, Paris, France (cur. Hou Hanru), 2006
Photo: Milomir Kovacevic

 
Maja Bajevic lava e stende i panni

 
Maja Bajevic
En Attendant, 2001
Performance, part of 'Watou Poeziezomer 2001', Watou, Belgium, organized by S.M.A.K., Ghent (cur. Ann Demeester), 2001.
Photo: S.M.A.K. / Emanuel Licha


 

 

 
 
 
 Maja Bajevic
Here's to Looking at You, Kid, 1995
Video stills