Stare, una one-day exhibition che vedrà protagonista il lavoro di Lilli Doriguzzi, una personale dalla durata di un giorno. L'evento si snoda attraverso gli spazi espositivi della Galleria di Piazza San Marco, coinvolgendo lo spettatore a vari livelli e registri di percezione ed interazione.
Protagoniste le sculture dell'artista, costruzioni elementari composte da moduli di legno grezzo marcati da graffiti, a cui sono fissati personaggi in vetro, trasparenti, inconsistenti, friabili. Sculture, ma anche proiezioni video: le sculture stesse diventano soggetto da filmare, da animare ed analizzare con la videocamera, così come lo spazio creativo
dell'artista, un parallelepipedo gonfiabile in cui si rifugia per annullare ogni riferimento architettonico. Scene che visualizzano condizioni di precarietà, che mettono in scena figure come pupazzetti, salde nel proprio spazio sghembo, lo stesso spazio in cui l'individuo
cerca disperatamente di lasciare tracce di sé, spesso indecifrabili. Stare, quindi, ma nell'instabilità. Anche la nudità dei titoli, scarni, monotoni, non aiuta l'osservatore ad orientare la lettura dell'opera, che trattiene tutto il senso di insensatezza, di indefinitezza, di estraneità.
Le sculture dell'artista si trovano disposte una accanto all'altra su piani orizzontali
allineati, che occupano il passaggio fra le due sale principali al pian terreno in modo da ostruire, interrompere e rendere difficoltoso, quindi più consapevole, l'attraversamento dello spazio. Contemporaneamente, una sequenza video propone gli schizzi delle
medesime sculture esposte, che l'artista ha ritratto cimentandosi in un processo inverso all'atto creativo e realizzativo: una riconversione della tridimensionalità della materia e dei volumi in grafismo, in idea. Anche lo spazio creativo dell'artista - una pneumostruttura che permette l'annullamento dei riferimenti architettonici e la conseguente liberazione da vincoli intellettuali - si presta a diventare oggetto di indagine e di rappresentazione: un video mette in scena l'oggetto mentre prende lentamente corpo, nel suo farsi spazio e scultura allo stesso tempo. In questa dislocazione spaziale e temporale del medesimo
oggetto-soggetto artistico, si inserisce infine una colonna sonora, un rumore di fondo prodotto dalla rotazione delle sculture su se stesse, che dà voce alla materia apparentemente inerte. Al piano superiore, il pubblico ritrova tutti gli elementi concettuali costitutivi dell'opera riuniti in unica forma di rappresentazione: quattro proiezioni video,
in cui diventa visibile il movimento di cui si intuiva la presenza al piano inferiore. Immagini
che riproducono il dinamismo imposto e forzato della scultura, impresso dalla mano stessa dell'artista, che contemporaneamente riprende l'azione con la videocamera. Traspare la
precarietà del personaggio in vetro, letteralmente aggrappato allo spazio, i caratteri illeggibili impressi sul legno si mostrano in primo piano e catturano lo sguardo ma sfuggono alla decifrazione, l'effetto è straniante, come ammette Doriguzzi "a tratti nauseante".
Un duplice atto, quello dell'artista, che si rivela allo stesso momento oggetto dell'indagine in quanto origine del processo, ma anche soggetto critico-creativo.
Lilli Doriguzzi è nata nel 1959 a Domegge di Cadore. Nel 1984 frequenta l'Art Student
League di New York, laureandosi nel frattempo in Lingue e Letterature Straniere con una tesi sul cinema di Alain Robbe-Grillet. Nel 1990 e nel 1991 frequenta l'Accademia di Belle
Arti di Ravenna. Fra le varie mostre si ricordano: Corpi e Architetture, Galleria Valmore, Vicenza,1997; Corpi in fuga, Circolo degli Artisti, Faenza, 2000; Corpo Profano, Galleria Patrizia Poggi, 2001, VIAVAI, Porta degli angeli Ferrara, 2002; Paesaggio e Interno,
Galleria Civica, Cortina D'Ampezzo, 2003; Venezia e Altro, Galleria Michela Rizzo, Venezia, 2005; Orange, Galleria Galica, Milano, 2005. Fra le azioni: Corpi Vestiti, Almagià, Ravenna, 1999; Corpo profano, I colori della tragedia, Mettere a nudo, Ravenna, 2001; Les messages du mythe, canal Saint Martin, Paris, 2004; OUTLET, Marghera studio, 2004. Fra le installazioni: AllaletterA, Piazza Dora Marcus, Marina di Ravenna, 2002; 5x4xME, Abitare il Tempo, Verona, 2003; Riflessi, Arte nel verde, Folgaria, 2004; Gassman e Zareschi, Museo della Fondazione Inda, Siracusa, 2005. Vive e lavora a Venezia.