Fondazione Bevilacqua La Masa

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Marta Allegri

Palazzetto Tito
30.01.05> 14.02.05

 
 
 

Già dal 2002, la BLM mette a disposizione degli artisti che operano, studiano o vivono nell'area triveneta una serie di mostre personali e collettive, che si propongono come un modo per rendere conto della vitalità artistica del territorio.
Lo spazio elastico è stato concepito non come luogo, ma come ambito libero da una programmazione troppo stretta e capace quindi di prendere nelle sue maglie iniziative differenti. Le varie mostre che si sono realizzate in Piazza san Marco e a Palazzetto Tito in collaborazione con lo IUAV, con l'Accademia di Belle Arti di Venezia, con la New York University, con i progetti Radar e Borders della Comunità Europea. Alcuni artisti sono stati invitati a intervenire con opere in sito e donazioni anche in maniera informale e libera da una programmazione rigida. Le iniziative verranno promosse attraverso l'ufficio stampa dell' Istituzione, tramite il sito internet della Bevilacqua La Masa e la posta elettronica. Ogni evento espositivo sarà accompagnato dalla pubblicazione di un pieghevole particolarmente curato nella grafica, pensato per essere inserito in un raccoglitore che a fine 2005 documenterà le iniziative dello spazio elastico.
La personale di Marta Allegri, artista di comprovata sensibilità, vuole iniziare anche una serie di mostre individuali che siano di omaggio alla serietà, all'impegno e al valore di ricerche specifiche.
La mostra è un omaggio che la Fondazione dedica al lavoro di Marta Allegri, artista nata a Bologna nel 1961 e che attualmente insegna Arti Plastiche Contemporanee all'Accademia di Belle Arti di Venezia. L'esposizione è stata pensata appositamente per i tre livelli della sede di Palazzetto Tito: le scale, il primo piano ed il piccolo mezzanino. In questi spazi, undici opere dell'artista sono allestite secondo un percorso che intende riassumere i temi più importanti del suo lavoro. Dal tema del parto, proposto nell'opera Eva (2002), ovvero l'evento irripetibile della nascita, si sale ripercorrendo i momenti in cui la vita si dipana nella pratica del ricamare, del cucinare, dell'igiene. Ecco l'accumularsi delle pentole nell'ingresso del primo piano, il proliferare dei Pizzi (2001 - 2002) e delle stelle di rete metallica, la presenza invadente delle chiocciole che richiama l'attività paziente e umile della raccolta e il prendersi cura meticolosamente di piccoli oggetti, ma che sono anche forme di vita. Nell'opera Natura morta (1998) alcune chiocciole sono state ridipinte e ricostruite e sembrano alludere ad un tentativo di rifare e ricostruire ciò che viene scartato dalla natura.
Palazzetto Tito diventa una casa che accoglie il femminile come pratica ripetitiva, spesso sminuita, che nasce per essere donata come alludono le mosche nell'opera "Il Dono" (2002), insetti che evocano un elemento di disturbo che viene gratuitamente tolto. Tutto questo in nome di un responsabilità nei confronti della vita degli individui: "I cibi devono essere sempre protetti dalle mosche" (2002 ) è l'ultima installazione, collocata non a caso nel piano più alto dello spazio espositivo.
"Una verità che si registra nell'esistenza del singolo, nel formarsi e deformarsi delle comunità, nell'evolversi della storia umana così come delle forme biologiche. Lo spazio mentale della ricamatrice si riempie di sogno a occhi aperti o di pensiero vagante; nella natura e nella storia, un simile divagare è il motore di qualsiasi cambiamento rispetto alle regole date." (Angela Vettese)